IL TRIBUNALE Il giudice; Letti gli atti ed a scioglimento della riserva che precede, osserva: la ricorrente propone gravame avverso il decreto di espulsione notificatole in data 7 febbraio 2000, ed emesso sulla scorta della disposizione di cui all'art. 5, comma 2, decreto legislativo n. 286/1998, per non avere la istante, nel termine di giorni 8 dall'ingresso in Italia, richiesto alle autorita' competenti il permesso di soggiorno. Le motivazioni addotte dalla ricorrente, che solo genericamente rimandano a insussistenti ragioni di forza maggiore ( nella specie, motivi di salute, peraltro attestati in atto come di assai lieve entita', consistendo in semplice algia mascellare), consistono soprattutto nel rapporto more uxorio instaurato con cittadino italiano, e nella interruzione del legame che l'esecuzione del provvedimento comporterebbe, con vanificazione, inoltre, delle procedure intraprese al fine di contrarre regolare matrimonio, come, indiziariamente, attestate dai documenti depositati. La convivenza more uxorio e' stata acclarata dalla sommaria istruzione compiuta, attraverso le dichiarazioni rese sul punto dal convivente della istante, convivenza non in contrasto con eventuali legami e doveri familiari dello stesso soggetto, che, come da documentazione prodotta in atti, risulta sciolto dal precedente matrimonio contratto. Replica l'amministrazione opposta con l'affermazione della legittimita' del provvedimento impugnato, attesa la espressa previsione legislativa, sanzionatoria dell'omesso adempimento della richiesta di rilascio del permesso di soggiorno in termini, nonche' la tassativita' delle ipotesi di divieto di espulsione contenute nell'art. 17 dello stesso testo legislativo, che limita il divieto alla convivenza con il coniuge di nazionalita' italiana. La questione ha gia' formato oggetto di disamina da parte di quest'ufficio (ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale del 12 marzo 1999, dott.ssa Mingrone), con conclusioni condivise da questo giudice, sotto il profilo della non manifesta infondatezza e della rilevanza della questione concernente la illegittimita' costituzionale della norma richiamata, che, nella sua formulazione, ed in relazione alla sua natura di norma eccezionale e derogatoria della disciplina ordinaria, definita dall'intero contesto della normativa del decreto legislativo n. 286/1998 e della legge n. 40/1998, si presenta insuscettibile di interpretazioni analogiche od estensive. In particolare, nel mentre la norma contempla la salvaguardia della unita' familiare consacrata dalla convivenza dello straniero col coniuge di nazionalita' italiana, nulla stabilisce, e dunque, a contrario, nessuna tutela pone per quei legami che, pur di pari dignita' e consistenza, non abbiano ricevuto il crisma della ufficialita' attraverso il matrimonio, con cio' determinando una ingiustificata disparita' di trattamento tra situazioni simili. Posto infatti che l'evidente ratio della norma e' quella di evitare lo sradicamento dello straniero dal nucleo familiare in cui io stesso vive, in ragione della convivenza col coniuge, ossia in ragione di una situazione di fatto obiettivamente rilevabile, piu' che della formale esistenza del vincolo, appare del tutto privo di logica che una pari situazione di fatto non venga per nulla considerata per il difetto della celebrazione del matrimonio. Se dunque, in buona sostanza, la norma epressamente condiziona la sua efficacia alla effettiva comunanza di vita e di affetti che sia rilevabile in costanza del rapporto matrimoniale, evidenziando la pregnanza che nella sua considerazione assume la situazione di fatto, pare del tutto illogico che quella stessa situazione perda qualsiasi consistenza ove si atteggi come legame o famiglia di fatto, fattispecie che ha subito una innegabile evoluzione nel riconoscimento come formazione sociale nella quale si esplica la personalita' umana e che e' espressione della liberta' individuale, e cui numerose pronunce della consulta hanno accordato tutela e dignita' di trattamento, estendendo con ampiezza, in piu' istituti ed in diversi rapporti giuridici, al convivente more uxorio i diritti di norma e per norma riconosciuti al coniuge. La questione manifesta la sua rilevanza ai fini della decisione, poiche', secondo la interpretazione imposta dalla lettera della norma che si censura, non potrebbe rinvenirsi nel provvedimento gravato alcun profilo di illegittimita', essendo incontestabile che la ricorrente abbia omesso di presentare istanza per il rilascio del permesso di soggiorno nel termine di otto giorni dal suo ingresso nel territorio dello; stato solo la dichiarazione di illegittimita' della norma di cui all'art. 19, decreto legislativo n. 286/1998 (e dell'art. 17 della legge n. 40/1998), nella parte in cui non estende le garanzie dello straniero coniugato al cittadino italiano, allo straniero convivente more uxorio, sempre che sia provata la serieta' (nella specie attestata anche dalla instaurata procedura per la celebrazione del matrimonio) e stabilita' del rapporto, potrebbe paralizzare l'efficacia dell'impugnato decreto, non altrimenti censurabile.